Homework 4

 

Teoria di portafoglio

 

Soprattutto tra i risparmiatori meno esperti che si accostano per la prima volta al mondo degli investimenti, possono serpeggiare molti dubbi e perplessità: probabilmente, una volta apprese le nozioni di base della finanza e così via, ci si domanderà come mettere a fattor comune tutti questi elementi. Ebbene, semplificando, l’unione di tutti questi rudimenti porta verso un traguardo preciso: la costruzione del proprio portafoglio di investimento. Per portafoglio di investimento si intende l’insieme degli strumenti finanziari, che sono di proprietà dell’investitore. 

Il primo passo per creare un portafoglio di investimento è sicuramente scegliere gli asset su cui investire. Tale scelta non è affatto semplice, perché l’investitore dovrà ottimizzare l’allocazione di capitale tenendo conto di diversi fattori che devono coesistere contemporaneamente: per esempio, le proprie caratteristiche, aspettative e attitudini. Infatti, essendo il mercato variabile, l’investitore corre il rischio che gli strumenti finanziari, presenti nel suo portafoglio, ottengano un rendimento diverso da quello atteso.

Una volta identificati i rischi, entrano in gioco modelli matematico-statistici che svolgono un ruolo importante nell’ambito dell’asset allocation. Essi, infatti, sono utili ai fini della creazione di portafogli di investimento ottimi, ossia portafogli che realizzino, a parità di rischio, un maggiore rendimento, oppure, a parità di rendimento, un rischio minore. Il rischio in questione è quantificabile attraverso la deviazione standard, detta anche volatilità.

L’investitore, dunque, in base al suo profilo, potrà scegliere la posizione da mantenere sulla frontiera efficiente: dati dei valori di rendimento e rischio, i punti appartenenti alla curva esprimono quali sono i portafogli migliori. Sulla frontiera efficiente i portafogli non sono tutti uguali, ma, soprattutto, non sono tutti convenienti allo stesso modo, sono semplicemente efficienti. L’investitore, in base alla sua propensione al rischio, sceglierà la posizione da mantenere sulla frontiera efficiente andando a definire di conseguenza qual è il portafoglio scelto.

Nel 1952 ci fu una svolta con la pubblicazione della teoria di portafoglio nota come “Modern Porfolio Theory” di Henry Markowitz  nel noto articolo Portfolio Selection. Markowitz aveva sviluppato la teoria del portafoglio che cercava il modo di ottimizzare la rendita degli investimenti. Gli economisti avevano compreso da tempo che era più saggio diversificare il portafoglio, ma Markowitz mostrò come misurare il rischio dei vari strumenti finanziari e come combinarli in un portafoglio per ottenere il rendimento massimo per un determinato rischio. L'idea di base per la teoria della frontiera dei portafogli gli venne leggendo l'opera Theory of Investment Value di John Burr Williams. Nel 1990 insieme ai suoi colleghi  William F. Sharpe e Merton Miller vinse il premio Nobel per l'economia.

Uno degli aspetti più importanti nell’ambito delle tecniche di mercato mobiliare è la gestione dei portafogli. La selezione del portafoglio è legata alla gestione dei titoli all’interno del portafoglio stesso al fine di minimizzare il rischio, il quale è a sua volta sottoposto a molti vincoli per garantire un dato livello di rendimento. L’analisi del rischio dei titoli azionari è complessa, dal momento che non è possibile fare riferimento a una relazione matematica che colleghi fattori diversi e prezzo dell’azione. Nel caso ci fosse un solo titolo, il rendimento atteso può essere espresso attraverso la media aritmetica dei rendimenti passati. Il rendimento atteso è quanto l’investitore si aspetta di ottenere da uno o più titoli nel futuro.

Ovviamente, poiché si tratta di un valore atteso, il rendimento realizzato potrebbe differire dal reale in quanto viene necessariamente misurato facendo riferimento a quanto il titolo ha fatto registrare nel passato. L’aspettativa di un investitore potrebbe semplicemente essere pari al rendimento medio che il titolo ha registrato in passato. Il rischio, invece, può essere espresso attraverso la variabilità dei rendimenti stimata con la varianza, ovvero come il rapporto tra la sommatoria degli scarti quadratici dei rendimenti storici osservati dal rendimento medio e n-1, facendo riferimento a un campione di osservazione e non alla popolazione. 

In questo capitolo si intende introdurre il passaggio dalla logica della valutazione dei singoli titoli azionari a quella di portafoglio secondo i concetti teorici proposti dall’economista statunitense Henry Markowitz. Quest’ultimo, nel noto articolo Portfolio Selection, sosteneva che per costruire un portafoglio occorre individuare titoli la cui combinazione minimizzi il rischio e massimizzi il rendimento; per fare ciò introdusse per primo il concetto di correlazione fra i titoli. Da questi concetti base, scaturì poi il termine “decorrelazione”, oggi comunemente utilizzato negli investimenti finanziari. Oltre al rischio del singolo titolo, è importante considerare il rischio di un portafoglio composto da due o più titoli, il quale dipende, come detto sopra, dalla correlazione esistente tra essi. Infatti, se non esistesse alcuna correlazione tra i diversi titoli, il rischio di portafoglio sarebbe analogo a quello dei singoli titoli. Se il coefficiente di correlazione è positivo o negativo, allora alla crescita del rendimento di un titolo corrispondono rispettivamente l’aumento o decremento del rendimento del secondo titolo. Si deduce che nel caso di andamenti contrapposti dei rendimenti dei titoli, ovvero in caso di diversificazione, il rischio globale di un portafoglio si riduce.

Il modello di Markowitz si basa su alcune ipotesi fondamentali:

1.   Gli investitori selezionano i portafogli utilizzando due parametri: il rendimento atteso e il rischio atteso o la varianza dei suoi rendimenti;

2.   Il periodo di investimento è unico;

3.   Gli investitori sono avversi al rischio e si propongono di  massimizzare l’utilità attesa della ricchezza al termine del periodo di investimento.

L’ipotesi uno e l’ipotesi tre ci permettono di enunciare il principio della media varianza secondo il quale un investitore tra due portafogli con uguale rischio, cioè con pari deviazione standard o varianza (portafogli C e B; D e A), preferirà il portafoglio con il rendimento maggiore (portafoglio C e D). Viceversa, tra due portafogli con uguale rendimento atteso sceglierà quello con un rischio minore. Inoltre, dovendo scegliere tra i quattro portafogli, sceglierà il portafoglio D perché caratterizzato dal rendimento maggiore e dal minor rischio.

 

 



Visto che il portafoglio A presenta un rendimento atteso uguale e un rischio inferiore al portafoglio B, il portafoglio A domina il portafoglio B e anche il portafoglio D domina il portafoglio C. Questo principio però non permette di stabilire quale portafoglio sia dominante tra A e C poiché il portafoglio più rischioso è anche caratterizzato da un rendimento atteso più elevato. In questo caso la selezione è da lasciare all’ investitore in quanto riconducibile al proprio livello di propensione al rischio. L’obiettivo del modello di Markowitz è quello di delineare un insieme di portafogli efficienti, ovvero l’ insieme dei portafogli dominanti.

Il modello di Black e Scholes

Il modello di Black e Scholes (B-S) è un modello di "non arbitraggio" ossia calcola il prezzo di equilibrio delle opzioni partendo dall'assunto che nel mercato non esistano opportunità di arbitraggio. Pertanto esso parte dalla costruzione di un portafoglio privo di rischio composto da opzioni e attività sottostante e ne calcola il valore attuale ipotizzando che il suo rendimento debba necessariamente essere uguale al tasso risk free.

Nel modello di Black & Scholes, come nel modello binomiale, l’ipotesi di base è quella della possibilità di creare un portafoglio equivalente all’opzione, costituito in parte da unità del sottostante e in parte da obbligazioni prive di rischio. La differenza principale rispetto al modello binomiale è che in questo caso l’ipotesi prevede che i rendimenti siano distribuiti tra infiniti stati della natura secondo una legge statistica normale. Il modello di Black e Scholes rappresenta il limite nel continuo del modello binomiale (che è discreto).
Il modello di Black e Scholes permette di definire e valutare una opzione a partire dalla conoscenza di sei variabili fondamentali che sono:
S = Valore dell’attività sottostante
K= prezzo “strike” dell’opzione
t = scadenza dell’opzione
r= tasso d’interesse privo di rischio corrispondente alla vita dell’opzione

σ= volatilità del sottostante
Dati questi valori, Black e Scholes dimostrano che, in presenza di un processo stocastico Browniano di tipo geometrico.

 Bibliografia:

·        Tecniche di mercato mobiliare di Fabiomassimo Mango edizione II edizione

·        https://books.google.it/books?id=4tTaDwAAQBAJ&pg=PA328&lpg=PA328&dq=tecniche+mercato+mobiliare+libro+markowitz&source=bl&ots=4OkyIneStS&sig=ACfU3U2ng16rebj4uR-HJRHltMoepFtcWw&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwjZ48zO8qr0AhWKNuwKHT2rBEQQ6AF6BAgLEAM#v=onepage&q=tecniche%20mercato%20mobiliare%20libro%20markowitz&f=false

·        https://www.moneycontroller.it/glossario-della-finanza/modello-markowitz/#:~:text=Il%20Modello%20di%20Markowitz%20%C3%A8,e%20minimizzare%20quello%20della%20varianza.

·        https://www.pensionielavoro.it/site/home/wikirisparmio/la-pianificazione-finanziaria/portafoglio-finanziario/articolo28716.html

·        https://www.borsaitaliana.it/borsa/glossario/modello-di-black-e-scholes.html#:~:text=Il%20modello%20di%20Black%20e,non%20esistano%20opportunit%C3%A0%20di%20arbitraggio.

·        https://www.bankpedia.org/termine.php?c_id=21155

 

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